Descrizione

Vivo a metà tra due mondi.

Il mondo interiore, immaginifico, plaga isolata, triste e splendida, faticosa e incessante da coltivare, costante nel suo richiamo alla mia anima come l'eco del mare sulla costa, forse fruttifera, o forse incompresa; e il mondo esteriore, luogo condiviso di esperienza, affetti, sorprese e nutrimento, nel quale imprimerò la sagoma della mia identità, per conquistare i tempi e gli spazi del mio mondo interiore.

E vivrò due vite in una.

lunedì 10 settembre 2012

L'oblio dietro una pagina

Intere realtà si celano dietro cose che sembrano così trascurabili, così poco importanti. In un libro mi imbatto nell’immagine di un incongruo edificio architettonico: mi è facile reputarlo orribile, volgere lo sguardo alla foto successiva e dimenticarlo. Volto una singola pagina, e un laborioso passato viene accantonato con essa.

Molti operai lavorarono in quell’edificio per lunghe mattine, alzando muri e issando travi: le loro fatiche e le loro sveglie prima dell’alba diventano d’un tratto obsolete. Per troppe notti insonni l’architetto si arrovellò sui dettagli di quella facciata, simile a un puzzle che non combaciava, e tentò infine il colpo d’audacia, giocandosi la sua reputazione davanti ad una committenza che non avrebbe mai capito le sue difficoltà. Il suo coraggio fossilizzato nel fallimento è appiattito in un paio di foto che chiunque può sfogliare via. Impazienti telefonate tormentarono fornitori e trasportatori; decine di subappalti sono stati concordati e firmati tra recriminazioni e calcolo dei margini utili; centinaia di bolle annesse sono state verificate riga per riga, con l’abituale sfiducia di chi lavora male e in fretta e pensa lo stesso degli altri; grosse mani sono state serrate attorno a pacchi e arnesi, graffiate da detriti di cantiere, mani sottili sono state strette durante i meeting, o sporcate di inchiostro di biro, o tagliate dagli angoli dei fogli delle fotocopie. E tutto questo mondo risiede adesso dietro una singola foto, che il mio rifiuto noncurante umilia e oblia.

E ancora, in una voce che canta dagli altoparlanti si cela l’eco delle strida incerte sotto la doccia che la forgiarono, dei concerti disertati dal pubblico prima dell’abilità e del successo. Quanti copioni cestinati, scene tagliate e pellicole sprecate sono alla base di un film? Un incompreso lavoro mentale si affanna dietro la statica facciata che ognuno di noi espone agli occhi del prossimo. Come minuscoli covi di vespe, fremiamo nell’alveolato tessuto del mondo.

E io, nella testa satura mi trascino dietro mondi impossibili che solo la mia strenua costanza potrà partorire, e spingo me stesso verso un’opera che sarà probabilmente ignorata o negletta. Se pure sfuggisse soltanto a novecentonovantanove uomini su mille, ma se quel singolo lettore si limitasse a lasciar scivolare un’occhiata distratta e sdegnosa lungo le mie parole, a lambire appena la prima pagina di copertina e poi procedere oltre, potrei accettarlo? Se pure io avessi spinto me stesso oltre i miei limiti, ed essi non significassero comunque alcunché per lui, non potrei mai accusarlo di noncuranza. Non potrà mai sapere delle notti insonni in cui sfido il mio senno ad ostinarsi dietro le mie follie; e se pure conoscesse la mia fatica, che mai potrà importare a lui, uomo della strada per me come io sono estraneo alle sue tribolazioni personali?


In questa notte simile al buio in fondo al pozzo, in cui io sono il recluso in una prigione di impegno e anche il carceriere che ne detiene le chiavi, brillano solo il sudore dello sforzo e una speranza lontana come una stella: che la salvezza non sia rara.

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