Prima che la tecnologia mi supportasse, pensavo che sarebbe stato utile mettere una data ai miei diversi pensieri, per tracciare il filo dell’evoluzione nelle nostalgiche, rimembranti riletture… Ma dubito che il passato richieda un simile quadro organico se si intende vivere nell’attimo eterno, dove ciò che fu è uno spettro sempre attuale. Così come si leggono aforismi con la volontà di collocarli fuori dal tempo e di renderne universale la validità, forse vorrei che i miei frammenti rimanessero lampi di pensieri, sentimenti e impressioni da leggere e interpretare in una continua riflessione, come se appartenessero ad un libro che posso riporre ed estrarre alla bisogna o a mio piacere. Più probabilmente, invece, essi sono come foglie che germogliano sui miei rami per poi sparire negli impeti del vento. È difficile accettare di essere stato qualcosa di diverso da ciò che sono adesso.
E intanto la mia agenda interiore si rarefa di impegni. Sempre meno una revisione di me stesso è richiesta o, peggio, sentita necessaria; sempre meno, del resto, una revisione di me stesso è necessaria, poiché a questa età la vita mi ha già abbondantemente incanalato. (Mi fu replicato, correttamente, che chi si attarda ingrosserà le tristi e precarie fila di chi non ha saputo scegliere.)
Sto
costruendo un mondo nel mondo, per la cui affermazione e difesa devo lottare
con forte spesa di energia: la restante è assorbita dall’adattamento perpetuo alle
condizioni esterne. Ciò che periodicamente mi disorienta è la mia natura di individuo razionalizzante ma non razionale, incapace di mantenere salda la presa sugli obiettivi a lungo termine, quando una soddisfazione minore, ma più vicina e più immediata, si affaccia alla finestra della mio covo di determinazione. E penso spesso quale senso mai abbia perdersi in speculazioni e malinconie quando
ciò che già possiedo mi impegna pienamente ed è anche in grado di donarmi felicità.
La mia economia interiore mi sollecita a trovare valide ragioni per investire tempo, il bene più prezioso, su ciò che non vedo, senza una preventiva certezza di
costrutto. Un detto ovvio afferma che la vita è più semplice per chi pensa meno; è indubbiamento un dato di fatto che viaggiare
leggeri permette di coprire molta strada.
Persino l'acqua agrodolce in cui amavo immergermi per meditare su ciò che avevo perduto oggi è si disseccata di fronte alla pragmatica evidenza di queste argomentazioni. È arduo assaporare una scomparsa quando si percepisce in sé una continua costruzione.
Persino l'acqua agrodolce in cui amavo immergermi per meditare su ciò che avevo perduto oggi è si disseccata di fronte alla pragmatica evidenza di queste argomentazioni. È arduo assaporare una scomparsa quando si percepisce in sé una continua costruzione.
Ho sempre pensato che, in me, causa prima della malinconia fosse
l’inazione: da quando il placido stagnosi è trasformato in fiume, la corrente che mi circonda mi trascina via insieme con le mie
fantasticherie. Temo davvero di smarrire la mia peculiarità interiore, il
nucleo spirituale dove risiedeva la mia forza più intima e originale, dalla
quale non posso e non voglio distaccarmi. Percepisco un inaridimento spirituale che si affianca ad un adattamento al mondo circostante; percepisco anche una mia indifferenza
a tale spoliazione. Non riesco più a sentirmi triste: tutto mi conduce alla serenità, unica risorsa utile per
affrontarli. Ogni giorno divento sempre più simile ad una roccia: sereno,
stolido, e inconsapevole di me stesso.
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